domenica 17 ottobre 2010

mi domando perche' continui ad usare il passato. come se avessi perso qualcosa di irrimediabile altrove. come se lottassi contro la corrente. finirai solo per stancarti, le bracciate perdono di vigore ed i polmoni il fiato e la stanchezza brucia il cervello. ma c'e' un metodo per andare contro corrente, non vorrei e non dovrei essere io a dirtelo. ti devi spostare ai suoi lati, ai bordi, devi muoverti in orizzontale ad essa. anche la corrente ha dei limiti e tu devi avvicinarti e sorpassarli. puoi andare contro corrente solo se esci da essa.
e comunque io ci rimugino su quest' uso dell'imperfetto, sgranocchio senza riuscire ad ingoiare. mi continuo a domandare cosa hai perduto e come hai fatto. l' uso dell'imperfetto non e' mai casuale, e' come una parola sottolineata due volte. eppoi, a volte, ecco apparire i condizionali. difficile nascondersi dietro a loro.
no, non e' che ti sto analizzando, sono solo un Pollicino delle parole.

domenica 10 ottobre 2010

MICA NOCCIOLINE

un certo Rawls che di nome faceva John, un giorno di pioggia, era intento a leggere gli ultimi suoi appunti e mentre li sfogliava aggiungendoci i numeretti sulle pagine in alto a destra, ecco che gli passa per la testa una definizione, originale quanto paradossale; "utopia realistica".
adesso non sto qui a raccontare quanto un cert' altro personaggio di nome Kant abbia influito su tutto questo arrovellamento di definizioni, fattosta' che John si prese bene. antinomia. si, l'utopia realistica e' un'antinomia, il che significa che ci sono due termini l'uno il contrario dell'altro che pero' assieme non stonano, ma anzi danno un risultato. Insomma John se la credeva, che gli era arrivato il pensiero della vita e straccio' gli appunti che stava riguardando fino a pagina 26 e il resto li tenne un po'sparsi sulla scrivania di faggio. Insomma secondo lui l'ideale puo' diventare realta', almeno in termini di giustizia sociale equita' e ovviamente politici. il diritto dell' individuo e i diritti degli individui che messi assieme diventano popoli e' qualcosa di non reale, ma che se ci impegnamo tutti in egual misura ci riusciamo. Al mitico Rawls importava dimostrare che una societa' giusta puo' effettivamente esistere, che l 'ideale puo' essere toccato, per dirla a parole povere che il sogno puo' diventare realta'.allora si mette di impegno e pubblica il suo libro, intitolandolo niente popo' di meno che Il Diritto dei Popoli. Il nostro John non era affatto uno stolto, come si puo' capire, vi faccio un esempio, lui e' uno di quelli che quando si parla in compagnia di filosofia ad esempio, interrompe la conversazione si alza e va a chiedere una penna (che non restituira' mai) e torna per prendere appunti in ogni dove, dallo scontrino al fazzoletto per il naso, che gli amici sono tutti un ooohhhh geniale! e sono allo stesso tempo invidiosi di non averci pensato prima loro e lusingati perche' le loro filosofate meritano un retro di scontrino. Dunque Johnny per prima cosa appunta, no Stati ma Popoli. e qui vedi lo zampino dell'utopia. poi per secondo appunta, con elenco a seguito, 4 categorie di popoli, e qui invece c'e' lo zampone della realta', perche' in pratica la lista vede in successione, popolo buono, popolo buono ma un po' disorganizzato, popolo cattivo, e popolo poveretto e sfigato. Poi Johnny fa due freccette e in questo modo collega le prime due tipologie con la definizione di utopia realistica, la terza tipologia fa una freccia piccola e ci scrive vicino "bleah non ci sta speranza" e la quarta fa un giro di frecce mutuate che vogliono solo dire "il collegamente lo tiro fuori bene dopo". l' utopia realistica prende forma. Il nostro Rawls, che sui libri ci ha passato la vita e sa bene come funzionano le cose, si rendeva ben conto che attorno a lui si aggiravano plotoni di sociologi e frotte di antropologi, insomma pensatori dell' uomo pronti ad azzannargli le caviglie e mettere alla berlina le sue teorie appena fossero state pubblicate. dunque come ogni bravo filosofo, fece cio' che ogni filosofo fa per proteggersi il sedere, tira fuori dal taschino l'ipotesi. l'ipotesi e' quella cosa che ti permette di formulare qualsiasi teoria te voglia senza che l'antropologo venga li e ti dica "ma guarda che..." perche' tu prontamente lo interrompi e dici " l'ipotesi e' che..." e in questo modo il mondo si ferma. insomma l'ipotesi di John si chiama il velo d'ignoranza. cioe' i popoli presi in considerazione che vogliono raggiungere il loro utopico livello di giustizia non sanno niente di loro stessi, non conoscono bene i confini il livello di ricchezza, vivono in un mondo un po generico, ignorano molte cose, e ignorando molte cose difficilmente gli individui si credono piu' fighi degli altri individui. dunque sociologo stai zitto, pensava Rawls. Fondata l'ipotesi il nostro egregio professore poteva starsene al sicuro sognando il suo mondo di giustizia occidentale che pero' contemplava in maniera approssimativa anche un mondo non occidentale. Poi, avendo capito che ormai aveva il vento in poppa e nemmeno sua moglie avrebbe potuto fermarlo, si sedette comodo con un cuscino sotto il culo di fronte al suo pc, lontano dalla finestra che altrimenti le immagini del vero modo avrebbero potuto distrarlo, alla destra aveva il tomo di Montesquieu, alla sinistra troneggiava La Pace Perpetua; era al sicuro. Decise che cosa opportuna e buona fosse partire per tappe. Nulla si ottiene subito, lavorazione e impegno e soprattutto organizzazione. Stabili' quelle che erano le due posizioni originarie, idea poco innovativa, almeno la prima di posizione, ma pur sempre efficace. insomma il primo step dei popoli consisteva nella loro tendenza ad associarsi e organizzarsi fondando i tanto amati Stati. E certo, John voleva puntare all'ideale, ma esiste l ideale okkei e l ideale un po' esagerato, un governo mondiale sarebbe stato esageratissimo. I nostri audaci popoli ordunque proprio perche' ignorantelli si sarebbero seduti in cerchio e avrebbero deciso di aver bisogno di un entita' statale che facesse le loro veci. Primo step superato. Il secondo step era fondamentale e John si prese un attimo di pausa andando a farsi un te'. Tornando con la tazza fumante in mano si autodiede una pacca sulla spalla, alzo' gli occhi al soffitto e disse, sentendosi anche un po' ridicolo, "Kymlicka, Dworkin, e adesso statemi dietro...". La seconda posizione originaria doveva essere il perno della sua grande teoria, il momento in cui i popoli ormai suddivisi e riuniti in Stati avrebbero deciso che tipo di governo, che tipo di giustizia che tipo di definizione volevano come etichetta. e per logicita' razionale dell'uomo, tutti avrebbero dovuto scegliere una democrazia equa, una democrazia di diritto. Che senso avrebbe per i popoli che poco sanno di loro stessi scegliere l ineguaglianza, la dittatura, quando la via piu' ottimale e' quella democratica di giustizia? Utopia, utopia realistica, realta'.
Jhonny fu soddisfatto. Aveva si', il blocco di note con tutti i contro elencati uno sotto l'altro, tutte problematiche che avrebbe dovuto risolvere, alcune sottolineate doppiamente con il pennarello rosso, altre solo marginali, sarebbe stato un lavoro duro, ognuna di queste questioni sospese avrebbe potuto minare la sua illuminazione. Pero' Rawls ne era certo... aveva imboccato la strada, sterrata, impervia, avrebbe dovuto aggirarsi coscienziosamente fra i sentieri del dubbio e del sapere, avrebbe dovuto difendere le proprie costruzioni, avrebbe dovuto affrontare con umilta' le contraddizioni i paradossi, avrebbe dovuto bere molte altre tazze di te', litigare con la moglie, leggere, sottolineare, citare, fare e disfare. Ma Rawls avrebbe contribuito, avrebbe contribuito a spingere il pensiero umano, ancora una volta ancora al di la' della soglia.

sabato 9 ottobre 2010

c' ho un blog sulla scrivania che sta schiumando. mi avevano detto di non esporlo all'aria che si ossigena, ma io mica che ci penso a ste cose. tipo che l ho tirato fuori un paio d ore per renderlo piu' temperatura ambiente. che gli esperti ci fanno tanta attenzione a queste cose come l'odore, l'apparenza, insomma menate varie. adesso ho il blog con gli angoli un po' anneriti e che inizia a produrre una schiumetta bavosa. rovinato per sempre gia' lo so. anche se ci provo a tenerlo in vita con una soluzione salina ad alta gradazione e' solo una mossa disperata. quello che mi fa piu' girare le scatole sono io. mica presto mai attenzione ai consigli, ne trovi di tutti i tipi sulle riviste specialistiche quali: "mangia in fretta che poi si raffredda" e la piu' quotata in borsa "il grigio e' solo un bianco piu' nero". il consiglio principale e' quello di agitare il blog prima dell'uso. io questo suggerimento non lo riesco mai a seguire, mi capita sempre che prima lo apro e poi mi ricordo di agitarlo, e non lo posso piu' fare perche' poi fuoriesce tutto. un' altra ottima linea guida e' quella di atteggiarti con il tuo blog come se foste solo amici cioe' niente formalismi e onesta' innanzitutto. con i formalismi me la cavo bene, evito qualsiasi tipo di latticino, ma e' con l onesta' che mi frego. da quando ho scoperto che la verita' assoluta non esiste e che anzi le verita' sono molteplici e relative, ho un po di confusione in testa. quando sono sincera il mio blog ci rimane male sostenendo che sono parzialmente onesta. e io allora vado su google e faccio le domande sui forum agli altri possessori di blog, che mi dicono o che loro sono sinceri oppure che gli comprano dei regali da amici in modo da aggirare questo suggerimento. alla fine glie l ho fatto pure io un regalo al mio blog, fabbricato da me per dimostrare quanto ci tenevo, gli ho confezionato una scatolina porta-tesori fatta di gusci di noccioline americane. gli esperti non sono concordi a riguardo dei regali, perche' sostengono che poi i blog si prendono tutto il braccio e ti costringono a fare cose che non vorresti, tipo camminare a piedi scalzi in casa quando fa freddo e soprattutto poi vogliono diventare famosi e tu sei quello che ci deve spendere tutte le energie e iscriverli ai concorsi.
pero' adesso che ci penso bene osservando il mio blog schiumante sulla scrivania, quasi che lo lascio schiumare e ci butto sopra un po di succo di limone...

lunedì 4 ottobre 2010

la cosa che mi stupisce e' la perpetua ricerca di un comun denominatore. che sia per attrazione nei confronti nel nuovo, oppure nei confronti del diverso, o solo volonta' di abbandonare il vecchio di fuggire il dietro. ci portiamo nello zainetto gli strumenti che servono a riconoscerli. riconoscere i comun denominatori. e cosi' ritroviamo il vecchio nel nuovo, un modo come un altro di darsi sicurezza, un modo come un altro per sentirsi a casa. l'omologazione delle esperienze e' un passaggio molto delicato da affrontare.

venerdì 1 ottobre 2010

ESSA STESSA OSSESSA

l'ossessione si divide in due. la necessita' di ossessionare e la vergogna stessa dell'atto.
questa divisione rispecchia proprieta' matematiche e cioe' quella della reciprocita' e dell' influenzabilita' aggiunta, che vuol dire semplicemente che piu' senti la necessita' di ossessionare piu' sale la vergogna e piu' sale la vergogna piu' DEVI ossessionare. semplice puro e liscio come il catrame in un giorno di pioggia adolescenziale. il termine ossessione con le sue 4 esse ha lo scopo di ipnotizzare l ascoltatore. sia in maniera visiva: OSSESSIONE e ditemi se queste 4 esse non vi mettono un po' a disagio, sia in maniera uditiva, OSSESSIONE e' nettamente un suono onomatopeico che rimanda ad uno stato claustrofobico.
l' ossessione viaggia congiuntamente con altre malattie mentali, infatti non e' altro che l'esasperazione in ultimo termine dei contenuti del vostro cervello. per comprendere meglio, poniamo una mela a rappresentazione del cervello umano e il bruco come malattia mentale. i vari stadi di degradazione della mela non sono altro che il livello di usura del vostro cervello da parte della vostra malattia. quando la mela e' completamente marcia allora quella mela e' ossesionata. e una mela se e' marcia non la nascondi mica, non e' che puoi dire "oh guarda scusa, non vorrei che fosse marcia, non vorrei che risultasse marcia etc etc..."
e allora perche' tutte le cagate riguardo l'ossessione, " oh guarda scusa, non vorrei apparire ossessionante, non voglio fare la persona ossessiva..." ma cosa?
che tanto piu' nascondi da un lato piu' mostri dall'altro. la frase; non vorrei apparire come una persona ossessiva, non e' assolutamente sintomo di razionalita' e maturita', piuttosto un vergognarsi di se stessi malamente celato. e quindi le cose son due alla fin fine, o ti vergogni per bene o non ti vergogni per niente.
ossessione libera!
freddo ai piedi. e le tazze sporche di caffe' sparse sul tavolo. nell'immobilita' della mattina. ti svegli ma resti congelato nell'odore di sonno, solo la lavatrice tiene il ritmo. decidi che quando iniziera' a centrifiguare, allora anche tu premerai il pulsante on. dove si trova? sulla punta del mignolo? e' l ombelico invece forse...
e tutti i risvegli rimangono differenti. involontariamente hai sempre evitato di sederti sul letto abbassare una gamba e poi l altra e sbadigliare. di automatico non c'e' proprio nulla la mattina. c'e' solo la lavatrice.
quando andavi al liceo, la maledizione era proprio svegliarsi. d'inverno era la cosa piu' tremenda della giornata, persino piu' dell' interrogazione di greco. oltre al risveglio nell'oscurita' della notte avevi pure il pensiero del greco. provare una declinazione per intero appena aperti gli occhi, capire se il riposo aiuta la memoria. sotto la doccia fissi le piastrelle domandandoti se sono i verbi o i sostantivi a declinarsi. chiudi gli occhi e pensi che solo 10 minuti fa eri in un mondo perfetto. ti sbrighi a fare la doccia, a vestirti solo per poter provare quella sensazione ancora un pochino, ti appoggi sul letto ancora un pochino.
la domenica punti la sveglia alle 6.30, solo per il gusto e l estasi di aprire gli occhi e di prendere in mano la sveglia. " sono le 6.30 normalmente mi sarei dovuta alzare" ed un sorriso immaginario enorme ti appaga. svegliarsi solo per potersi rendere conto di aver tempo di dormire. svegliarsi per ridere in faccia alla sofferenza di ieri e di domani. vuoi essere partecipe di questo momento, del instante in cui avresti dovuto, ma invece...
ti riaddormenti in un istante, stringi meglio le coperte, assapori il tuo calore, chiudi le palpebre, moduli il respiro.
la lavatrice non ha ancora iniziato ad impazzire, ma ormai e' ora. tempo di premersi l'ombelico.