martedì 29 novembre 2011

dammi un bicchiere di vino rosso. qualunque, ma che sia rosso. il bianco non mi piace. nemmeno il vino rosso mi fa impazzire, non li distinguo tra loro. leggero o strutturato? che mi importa, a me? sulle birre ho delle preferenze, vaghe, molto vaghe, dei vini non mi ricordo nemmeno un nome. hanno riso quando dissi che quel vino non l'avrei mai preso per due ragioni, perche' e' bianco e perche' si chiama passerina. che poi alla radio ho sentito che e' invece un vino molto buono. ho detto anche che per il cibo e' uguale, che mi mangio tutte e due le carbonare, sia quella fatta male, che quella fatta bene, e la signora mi ha detto che mi trova dolce.

dammi un bicchiere di vino rosso, con accento francese, aromatizzato alla sbronza per favore. che io bevo non per la lingua, ma pel cervello e spesso anche il cuore. bevo per quello sgabello e i cetriolini sott'aceto. e dammelo rosso, che pur se non mi intendo, so che il vino e' rosso. non bianco, ma rosso. anche il colore e' importante, o mi sbaglio? e voi estimatori, pasteggiateci a suon di lodi e grosse coppe di vetro, che io insieme al vino non ci mangio. io gli lascio tutto lo stomaco a disposizione, e poi faccia cio' che gli pare.

lunedì 28 novembre 2011

domenica 27 novembre 2011

PENSIERINO DELLA BUONA NOTTE

il pensierino della buonanotte va a tutti quelli che il pensierino della buonanotte non lo fanno, perche' crollano stesi sul letto fradici di giornata ed alcool, perche' in buona compagnia (di letto s'intende), perche' prima di andare a dormire ci si strucca, perche' le tre di notte e' giusto l'ora dello spuntino, perche' l'ultimo spinello e i pensierini fuggono come schegge, perche' un buon film o perche' un buon libro, perche' di la' del muro c'e' il vecchio che russa, perche' hanno la musica come ninna nanna, perche' ci si addormenta mentre gli amici giocano alla play, perche' il pensierino della buona notte fa troppo nonna in calzamaglia.

giovedì 24 novembre 2011

stavolta mi impiego nella fantascienza anche io.
se c'e' una cosa per cui avere paura del futuro quella e' che di cose ce ne stanno piu' di una.
anno 2011 "la vergogna della pubblicita'"
l'economia determina la pubblicita', la pubblicita' determina l'economia, entrambe determinano lo status dell'individuo, posizione sociale e relativo ventaglio di possibilita'. eccola, cosi' spietata, presente colossale. un mondo creato dalla pubblicita' su cio' che puoi, vuoi e devi volere, piacere, lettera e testamento.
la vergogna della pubblicita' del poker online su tutti i canali, su tutti i siti, ci giocano i calciatori e le casalinghe, lo puoi fare mentre caghi o al lavoro, non ti devi vestir bene. gioca, gioca, gioca, che non importa, tra tre anni faremo la pubblicita' progresso, che il gioco vi ha fatto perdere tutto e andare all'ospedale perche'... siete malati. la malattia del gioco d'azzardo esiste anche adesso, ma tra tre anni saremo di piu', saremo insieme a tutti quei pischelli che hanno iniziato troppo piccoli per dire di no alla pubblicita'.
la vergogna delle tette e dei culi, pure la ryan air che casca a pezzi ti svende i biglietti dicendoti che le hostess sono piu' fighe di prima. le hostess della ryanair??? ah, ma la vergogna e' piu' grande quando ti fanno scegliere se volere l'assicurazione per il viaggio o meno, si, ti fanno scegliere, ma senza la casella no. e passi minuti e minuti a cercare sta casella no che non esiste ed alla fine premi si.
la vergogna di venire inculati sempre e comunque davanti e didietro. ti tocca vivere una vita in difesa, o inculare a tua volta. mica tutti siamo bravi ad inculare comunque, e c'e' anche chi non ha voglia di imparare.
la pubblicita' non si vergogna mai. anzi , che si vergognino gli altri! la pubblicita' si basa su uno spirito creativo che e' la base giustificante di ogni finalita' a cui essa attende. se e' vietata l'ipnosi, si cercano forme che piu' le assomiglino. e poi la pubblicita' puo' tutto, puo' stare dove vuole. tra dieci anni forse meno, quando ci suonera' il cellulare apparira' una pubblicita' , cosi' ogni volta che manderemo un messaggio. fino a che un giorno ci sveglieremo e quella pubblicita' non solo la vedremo, ma dovremo ubbidire ad essa, altrimenti il blocco. ecco appunto, questa e' la mia fantascienza. quella che un bel giorno noi ci troveremo con le spalle al muro. senza piu' poter scegliere. un giorno accendendo il cellulare la pubblicita' mi dira' fai benzina da questo distributore, altrimenti ti blocchiamo il cellulare. e cosi' sara' per tutti i cellulari e tutte le compagnie, e noi un giorno piano piano ci ritroveremo a dire si. volenti o nolenti. un giorno ci sara' un monopolio completo, una dittatura di non si sa chi e non si sa cosa. ma noi andremo avanti secondo logiche non nostre. in quell'anno noi ci ammaleremo di gioco d'azzardo e verremo guariti, perche' e' stato deciso che tu e tu e tu, vi ammalerete di quello, e invece tu e tu e tu vi ammalerete di un certo tipo di stress che si presenta sotto forma di cellulite tumorale. che il mondo e' gia' cosi' mi direte, vedi le banche, senza di esse non puoi trovare lavoro, non puoi ricevere stipendio e comprare casa e assicurarti e bla bla. si, e' gia' cosi', ma e' all'inizio. adesso posso ancora difficilmente voltarmi, posso decidere io da quale banca farmi ciucciare i risparmi, posso ancora sopportare tutte le vostre pubblicita', senza dover tirare giu' i pantaloni e piegarmi a 90, pronta per l'ennesima.
ecco, quel giorno tra un po' di anni, potremmo scegliere tra il si e il no. con la casella del no oscurata, e ci manchera' il tempo di cercarlo questo no, e se riusciremo a conquistare un solo no, avremmo accettato cosi' tanti si che piangeremo forte, perche' finalmente ci hanno messo con le spalle al muro e di voltarsi non se ne parla.

mercoledì 23 novembre 2011

La Via Del Ritorno - Erich M. Remarque

quando usiamo l'espressione -niente di nuovo sul fronte occidentale- e' quest'autore che stiamo citando.
comunque sia. riporto un brano terribile, fortemente emozionante. mi par quasi di comprendere, anche se cosi' non puo' essere.

Molti di noi giacciono qui, ma finora non l'abbiamo sentito in questo modo. Infatti siamo rimasti insieme, loro nelle fosse, noi nelle trincee, separati soltanto da due pugni di terra. Essi ci avevano soltanto preceduti un po', poiche' di giorno in giorno noi eravamo in meno ed essi in piu'... e molte volte non sapevamo se anche noi fossimo gia' dei loro o no. Talvolta pero' le granate ce li riportavano su, ed erano ossami scaraventati all'aria, brandelli di divise, teste putrefatte, umide, ormai terrose, che nel tambureggiare dei bombardamenti ritornavano ancora una volta in battaglia dai loro ricoveri crollati e sepolti. Non avevamo questa sensazione spaventevole; eravamo troppo vicini a loro. Adesso invece noi ritorniamo alla vita ed essi devono rimaner qui. Luigi, il cui cugino e' caduto in questo settore, si soffia il naso con le dita, si volta e si avvia. Lentamente lo seguiamo. Ma ancora alcune volte ci fermiamo di nuovo e abbiamo la sensazione improvvisa che il fronte, quell'inferno di orrori, quel lembo di terra sforacchiata e dilaniata, ci sta ne cuore; il diavolo se la porti! se non fossero tutte balle, robe da muovere il vomito, si direbbe quasi che quel lembo di terra ci sia diventato familiare come una patria terribile e tormentosa, e che questo sia il nostro posto. Noi scuotiamo il capo, ma - siano gli anni perduti che rimangono li', siano i compagni che vi son sepolti, sia tutta la sventura che questa terra ricopre - abbiamo fitta nelle ossa una tristezza che ci verrebbe voglia di urlare. Poi ci incamminiamo.

martedì 22 novembre 2011

e questo giorno vomiti tutto,
vomiti come un disperato,
come il turista che si beve l'acqua del gange,
come il ragazzino ubriaco.
vomiti dalla bocca,
dal naso, dagli occhi,
non te ne accorgi ma il vomito esce dalle orecchie.
e vorresti crollare senza sensi
che il corpo continua a rigettare tutto,
ma non finisce mai.
le pause durano il tempo di un conato.
ed e' tutto fuori,
un altra volta.
mi chiedo quando bastera',
quando saro' asciutta.
e non riesci a pensare ad altro,
che la testa ti sembra piena di quella poltiglia,
e il corpo teso in uno sforzo cosmico.
non ho piu' coscienza, no,
ubbidisco solo ai muscoli quando si contraggono,
spietati
e rilasciano.
come il ragazzino ubriaco,
vede la fine,
e non la vede.
e tutto questo vomito che sale e sale,
ma da dove ritorna?
dalla pancia,
dalla pelle,
arriva dai polpacci,
dalle punte dei capelli,
arriva dal caffe' in autogrill,
e poi dal tappeto in mansarda,
ritorna acido, strozzante,
dai polpastrelli, da una cameretta in montagna,
esce prepotentemente dal naso,
si era nascosto li' sui sedili di una macchina,
di due tre, quattro macchine.
succhi gastrici che piovono selvaggiamente,
li hai respirati,
mi hanno attaccato quando dormivo sotto le coperte,
quando piangevo, mi ubriacavo,
mi sono venuti addosso,
adesso escono dappertutto.
escono i mostri,
e io giuro non ce la faccio mica.
adesso preghi qualcuno,
che faccia quietare il dolore,
di questo corpo,
di questa spugna.
hai paura che cosi' vomiterai l'intestino intero,
vorresti vomitare l'intestino intero.
eppure non e' per stasera.
stasera vomiti come un ragazzino ubriaco.
con jack ci facevo pranzo al liceo.

sabato 19 novembre 2011

malditesta, quello che ti porti su e giu' per le scale, quando appoggi la faccia sul divano. quando guardi fuori e invece e' nebbia. nebbia densa. e la campagna rimane immobile, mattina, sera, nebbia e di nuovo mattina. ti assopisci nel tormento perche' sei un uomo femmina, la gatta fuori cerca solo un cuscino caldo. ti ricerchi nella musica, nelle pagine dei libri. ti ricerchi e non ti trovi, non ti incazzi, domani vai in montagna non ti trovi non ti incazzi. e la campagna sta sempre ancora ferma.

venerdì 18 novembre 2011

UNA STORIELLA DI LAVORO.

c'era una volta un ometto che inaspettatamente riceve la proposta di lavoro perfetta. un ottimo posto, un lavoro che gli piace e lo appassiona, un lavoro originale, complesso ma tuttavia appagante. dopo un primo periodo di colloqui conoscitivi, di adattamento all'ambiente lavorativo, l'ometto parte in quinta, il lavoro gli piace proprio e viene incaricato responsabile del dipartimento. un ruolo importante e dunque non sempre facile, poi l'ometto e' stato appena assunto deve imparare le dinamiche e le strategie da adottare. insomma lui si mette giu' di buona lena, quella e' la sua occasione, non si fara' abbattere dalle problematiche e dalle responsabilita', ci mettera' tutto il suo impegno, certo fara' degli errori, ma d'altronde e' cosi' che si procede. passa quindi il tempo, finche' un giorno entra nel suo ufficio il direttore: "mi dispiace, per certi motivi e cert'altri, lei non e' piu' il responsabile del dipartimento, ma continuera' a lavorare per noi come assistente." l'ometto e' allibito, come puo' esser tutto cio'? uno dal lavoro si aspetta di acquisire conoscenze e capacita' di andare avanti, non di tornare indietro. eppure il lavoro gli piaceva un sacco, credeva addirittura di essere piuttosto bravo, certo di errori ne aveva fatti, ma in fin dei conti tutti i suoi colleghi ne facevano dai piu' esperti ai meno. l'ometto decide di non mollare, di accettare di passare da responsabile ad assistente, perche' come gia' detto quello e' il lavoro che gli piace e poi in fin dei conti pensa che se persiste riuscira' a riguadagnarsi il suo ruolo. certo, forse ha anche paura di finire nel buio, di dover ricominciare tutto da capo, ma queste cose non si possono mai accertare. l'ometto pensa che ci puo' riuscire, che non vale la pena abbandonare tutto, non si fa cosi', si combatte per quello che si vuole. lui ci crede. e dunque continua il suo lavoro come assistente, speranzoso, lavorera' e crescera'. ma passano i tempi e la frustrazione comincia a farsi sentire, a volte capita che mentre e' intento a portare a termine i propri impegni si soffermi a pensare su cosa mai abbia sbagliato precedentemente, forse i reports non avevano un italiano perfetto, forse non aveva rispettato scadenze importanti? ma tanto queste riflessioni non portavano mai a nulla, anzi peggioravano il lavoro presente. passano altri tempi, l'ometto fa un lavoro che gli piace come assistente. un giorno entra il direttore nel suo ufficio: "mi dispiace, per certi motivi e cert'altri lei non e' piu' l'assistente di questo dipartimento, ma se vuole continuera' con noi come stagista. lei ci piace, ma di piu' non le diamo." l'ometto stavolta non e' piu' allibito, l'ometto e' incazzato, disperato, l'ometto vorrebbe tirare giu' la scrivania, ma vorrebbe anche non far niente. l'ometto ha perso il lavoro che gli piace. prima era responsabile, adesso lo vogliono, come stagista. nessuno accetterebbe. nessuno vivrebbe felice cosi'. non e' mai andato avanti, e' sempre retrocesso. stavolta l'ometto prende il suo scatolone e le sue quattro cose. l'ometto esce dal lavoro, non e' che sia facile, ammettiamolo, fra l'umiliazione, il senso di sconfitta, e la disillusione, la sua non e' un uscita spettacolare. poi ci pensa ancora un po', avrebbe dovuto capire tempo e tempo prima forse? quando devi persistere e quando devi voltarti? l'ometto non lo sa. l'ometto se ne va al bar con le sue quattro cose nello scatolone.

giovedì 17 novembre 2011

ah no, la rock band preferita ce l'ho. sono e rimangono i Distillers.
ma ce l'avete voi un poster di gauguin attaccato al muro sopra un teschio pirata?
e voi, ce l'avete quella voglia di sbronzarvi all'estremo senza mai rimettere? senza riflettere.
voi avete freddo eh?
se posso dire la mia, detesto le persone che portano le sciarpe. scommetto che gli eschimesi portano di tutto ma non le sciarpe.
voi ce 'avete quella voglia di uscire dagli schemi? oh si che ce l'avete. voi gli schemi ve li mangiate per colazione. con il lattino del cappuccino.
voi ce l'avete uno stalker? io no. e uno che vi fa lo spoiler? io no.
avete mai urlato in macchina cosi' forte ma cosi' forte che ad un certo punto la voce si e' staccata dal corpo e poi c'avevate paura di finire in manicomio perche' la voce non era piu' la vostra?
voi ci pensate che c'e' gente che sta piu' male di voi? io ci penso sempre ad esempio, allora mi immedesimo e sto peggio di prima. e questa tattica mica porta da nessuna parte.
il cinismo lo si testa solo nel momento del pericolo, molti di voi si piscerebbero addosso. io starei ferma zitta immobile, a disagio, credo. voi ce l'avete la rock band preferita? io avevo gli scrittori preferiti, l'ultimo e' stato yu hua, poi boh...
voi parlate dialetto scommetto. io no.
voi quando scrivete cosi', a stile libero, senza filo logico, altalenantemente, lo fate perche' e' figo? io si. e anche perche' mi viene piu' facile. e anche perche' scrivere cosi' fa molto introspettivo anarchico. e io sono introspettiva anarchica, ma voi?
vorrei fare tante cose sbagliate, come averci un tigrotto in giardino, che lo so soffrirebbe, pero' mi piacerebbe averci un tigrotto. anche a voi vi piacciono le cose sbagliate. questo non ve lo chiedo. questo lo so.

venerdì 11 novembre 2011

le 11.11 dell' 11.11.11

volevo farlo.

mercoledì 9 novembre 2011

ho scritto una poesia stasera che si intitola, sogno di una notte di mezza estate di frittella e di patate. poi ne ho letta una piu' bella di Diane Di Prima, che non so bene chi sia, ma in originale fa cosi':

Here with the lake for comfort
would be swell
If I could figure out how to make the rent
When I got back in town

Here with a brook and all that jazz
I think of you
Who don't love me
who don't love you
And ain't it cool baby?

So cool we chill our beers on it.

This here's no place to think of beer.
All green.

lunedì 7 novembre 2011

ooohhh finalmente, finalmente arriva il giorno che "oh cazzo".
giuro, mi annoiavo. sono andata su in mansarda con l intenzione di dipingere (?).
poi ho avuto freddo ai piedi e non avevo l'ispirazione, allora mi sono messa ad aprire tutti i cassetti che trovavo. ho sbirciato fra tutti i raccoglitori, documenti, cartoline, ho letto atti catastali, lettere di lavoro di mio padre, ho trovato fatture, ricevute, burocrazia su carta, fotocopie. non mi dispiace frugare nei cassetti, anzi e' una cosa un po' perversa che penzola fra l'immensa curiosita' e il senso di colpa, fra la fantasia e la razionalita'. e poi il caso, sotto forma di destino sornione ha fatto in modo che finissi proprio con le mani in uno scatolone. il mio. e giu' di cartoline, fotografie con fargetta, volantini su volantini su volantini, spillette anarchiche accendini consumati, biglietti di metro e tram europei, il biglietto dell'interail, messaggi minacciosi del wwf, un mio rastino con il cordino verde, un biglietto di ingresso del green leaves. e poi pagine e pagine scritte.
non ho voglia di leggere cose vecchie, so gia' che saranno imbarazzanti e scadenti sul patetico. aspetta, fammi capire, non vuoi leggere perche' hai paura di vergognarti? di chi, di te stessa? mi vuoi far capire che adesso hai paura di vedere, di rivederti?
no, okkei hai ragione, ci provo, mi leggo, mi vedo. imbarazzante e patetica. seduta per terra, sposto tutte queste pagine di diario, guardo la parete di fronte, "oh cazzo".
illuminante come non mai, ti vedi doppia ed e' un attimo che cade la maschera. si, quella maschera che ti fa essere in un modo e comportare in un altro. quella maschera che ci nascondi dietro il senso di inadeguatezza. quella maschera con cui pensi di far colpo, perche' senza hai paura di non riuscire. comunque certe cose non e' semplice ammetterle. no, che la vergogna e' troppa, trovarsi nudi di fronte allo specchio e vederli uno per uno tutti i difetti, sperando che non li vedano gli altri, vestirsi, coprirli e uscire di casa con la menzogna gia' addosso. e ci creiamo una maschera pure per gli altri, preferiamo vederli sporchi e cattivi oppure adorarli, perche' cosi' ci sentiamo noi piu' protetti e piu' nascosti. che potrei inondare questa mia mansarda di tutte le insicurezze che celo, che tengo polverose in questi scatoloni, che galleggiano dietro a questi occhi miei, quelli che se mi incontri hanno l'aria di sfida e di menefreghismo. perche' ai deboli vien ben piu' facile travestirsi.

domenica 6 novembre 2011


ti sudano le mani domani. che c'hai quella cosa li nel petto, la senti che pesa, anche quando mangi e poi quando vai a dormire. sono rimasta sveglia giusto il tempo di addormentarmi. ho sognato incubi atroci eppur mi son svegliata con le mani incrociate dietro la testa. ho anche sognato che volevo fare bella figura con una ragazza, che lei era piu' intelligente di me, allora le raccontavo di quella ragazzina che non e' riuscita a scendere dal bus e si e' pisciata nei pantaloni piangendo. e pensavo di far colpo raccontando in giro questa cosa. al risveglio mi odiavo con squallore. che nei sogni devi anche fare i conti con le tue paure, come in guerra.

mercoledì 2 novembre 2011

comunque non ti devi sentire in colpa, non hai mica lanciato un cucciolo di riccio dalla finestra.
e non ti devi mica sentire perfetta con quei fianchi allargati. no, non sono i fianchi e' il culo.
e con quegli occhi non fare gli sguardi di sfida, lo devi sapere solo tu che ti stai sfidando.
e quando esci di casa respira solo il mattino.
e il passo sicuro e il tremore sulla spalla quando ti siedi. e poi tre due uno e ci sei solo tu.