venerdì 18 novembre 2011

UNA STORIELLA DI LAVORO.

c'era una volta un ometto che inaspettatamente riceve la proposta di lavoro perfetta. un ottimo posto, un lavoro che gli piace e lo appassiona, un lavoro originale, complesso ma tuttavia appagante. dopo un primo periodo di colloqui conoscitivi, di adattamento all'ambiente lavorativo, l'ometto parte in quinta, il lavoro gli piace proprio e viene incaricato responsabile del dipartimento. un ruolo importante e dunque non sempre facile, poi l'ometto e' stato appena assunto deve imparare le dinamiche e le strategie da adottare. insomma lui si mette giu' di buona lena, quella e' la sua occasione, non si fara' abbattere dalle problematiche e dalle responsabilita', ci mettera' tutto il suo impegno, certo fara' degli errori, ma d'altronde e' cosi' che si procede. passa quindi il tempo, finche' un giorno entra nel suo ufficio il direttore: "mi dispiace, per certi motivi e cert'altri, lei non e' piu' il responsabile del dipartimento, ma continuera' a lavorare per noi come assistente." l'ometto e' allibito, come puo' esser tutto cio'? uno dal lavoro si aspetta di acquisire conoscenze e capacita' di andare avanti, non di tornare indietro. eppure il lavoro gli piaceva un sacco, credeva addirittura di essere piuttosto bravo, certo di errori ne aveva fatti, ma in fin dei conti tutti i suoi colleghi ne facevano dai piu' esperti ai meno. l'ometto decide di non mollare, di accettare di passare da responsabile ad assistente, perche' come gia' detto quello e' il lavoro che gli piace e poi in fin dei conti pensa che se persiste riuscira' a riguadagnarsi il suo ruolo. certo, forse ha anche paura di finire nel buio, di dover ricominciare tutto da capo, ma queste cose non si possono mai accertare. l'ometto pensa che ci puo' riuscire, che non vale la pena abbandonare tutto, non si fa cosi', si combatte per quello che si vuole. lui ci crede. e dunque continua il suo lavoro come assistente, speranzoso, lavorera' e crescera'. ma passano i tempi e la frustrazione comincia a farsi sentire, a volte capita che mentre e' intento a portare a termine i propri impegni si soffermi a pensare su cosa mai abbia sbagliato precedentemente, forse i reports non avevano un italiano perfetto, forse non aveva rispettato scadenze importanti? ma tanto queste riflessioni non portavano mai a nulla, anzi peggioravano il lavoro presente. passano altri tempi, l'ometto fa un lavoro che gli piace come assistente. un giorno entra il direttore nel suo ufficio: "mi dispiace, per certi motivi e cert'altri lei non e' piu' l'assistente di questo dipartimento, ma se vuole continuera' con noi come stagista. lei ci piace, ma di piu' non le diamo." l'ometto stavolta non e' piu' allibito, l'ometto e' incazzato, disperato, l'ometto vorrebbe tirare giu' la scrivania, ma vorrebbe anche non far niente. l'ometto ha perso il lavoro che gli piace. prima era responsabile, adesso lo vogliono, come stagista. nessuno accetterebbe. nessuno vivrebbe felice cosi'. non e' mai andato avanti, e' sempre retrocesso. stavolta l'ometto prende il suo scatolone e le sue quattro cose. l'ometto esce dal lavoro, non e' che sia facile, ammettiamolo, fra l'umiliazione, il senso di sconfitta, e la disillusione, la sua non e' un uscita spettacolare. poi ci pensa ancora un po', avrebbe dovuto capire tempo e tempo prima forse? quando devi persistere e quando devi voltarti? l'ometto non lo sa. l'ometto se ne va al bar con le sue quattro cose nello scatolone.

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