e la stanchezza dei muscoli, della ripetitivita' del gesto. nei momenti in cui arrivi al traguardo e decidi di arrivare ancora un po' piu' in giu'. solo di qualche metro. e poi di quanche altro metro. e piu' sei stanco piu' vai avanti ancora di qualche metro. finche' la luce dice di si.
cazzo, sono fiera di me. donna corposa che scava la campagna. si, sono io, figlia di bormida. con i vestiti appariscenti, cappello e guantoni da freddo. i capelli scomposti e le gote rosse. brutta da farti innamorare. e li sento gli addominali che si sforzano, e sento i bicipiti che sprizzano forza e gioventu'. la schiena che si spezza e si ricompone. mi fermo, guardo mio padre, anche lui fermo. mica ci parliamo che il fiato bisogna dosarlo, e poi si riprende appena la schiena ha dato l'okkei. e mentre il corpo lavora, lascio la mente, che crei dialoghi, scene, situazioni. al futuro non ci penso mai. penso alle mie amiche che prendono la cioccolata. ai miei amici che al massimo levano la neve dalle ruote delle proprie macchine. penso alle comuni, alla vita di campagna, agli uffici. penso a quante calorie sto consumando. in due settimane di neve perdo chili. penso che sono una ragazza pigra, ma ho tanta forza di volonta' nascosta. le lastre di neve ultracompatta sono le mie preferite. bisogna spezzarle con un colpo secco di pala e poi un intero mattone di neve si scolla dal terreno. e' come tagliare del cibo. penso che stasera non usciro', di nuovo. mi sento un po' sola e per questo spalo la neve; per sentirmi un po' meglio. per sentirmi un po' fiera di come e chi sono.
e se stanotte nevica ancora....
vaffanculo, io domani dormo.
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